interviste

La Milano di Ronan Bouroullec

Vengo a Milano da più di venti anni di maniera sistematica nel mese di aprile...

La Milano di Ronan Bouroullec

Il suo rapporto con la città di Milano: quando e come è cominciato? È legato a un luogo in particolare?
Vengo a Milano da più di venti anni di maniera sistematica nel mese di aprile. Ed è a Milano ho conosciuto mia moglie (ndr. la progettista Inga Sempé), una parigina peraltro.

Ci può dire una o più architetture storiche, o monumenti del passato che ama in maniera particolare? E per quale motivo?
Io amo l’edificio di Gio Ponti costruito vicino alla stazione, il Grattacielo Pirelli, che è una meraviglia di finezza [La città che cresce]. Mi piace anche l’architettura del dopoguerra di Milano, e quella degli anni ‘70 e ’80 che trovo sia superiore a quella francese dello stesso periodo: i balconi, il modo in cui vengono disegnati e il rapporto di questa architettura con l’intorno verde (la relation de cette architecture au végétal). Io adoro Milano. Tutti dicono che è una città difficile, è vero. Vengo sempre a Milano nel contesto del mese di aprile, con la primavera. Raramente vengo a Milano in altri momenti e non conosco la Milano più triste.

Mi piaceva soprattutto prima, quando la Fiera di Rho era in città. C’era una dinamica un po’ diversa. C’era un rapporto – che ancora esiste – tra lo spazio della fiera e la città ma allora si trattava di una miscela organica stupefacente (mélange organique extraordinaire). Molti marchi non esponevano al Salone ma in città dove si scoprivano luoghi straordinari e segreti.

Questo esiste ancora, ma il costo degli alloggi, il costo dei viaggi dall’estero fa sì che le persone non si fermino a lungo, ma arrivino in aeroporto, vadano alla fiera, dormano una o due notti e tornino a casa. Questa maniera molto urbana di vivere la fiera è la profonda unicità di Milano che si è evoluta nel tempo.

Ci racconta un’attività che spesso fa quando viene a Milano? Intendo un luogo dove torna, un tragitto che le capita di percorrere spesso e con il quale ha familiarizzato o uno spazio dove spende il proprio tempo in città.
Il mio problema di Milano è che non ho mai il tempo. Quello che mi piace di Milano – e che non esiste più né in Francia né in Europa – è il fatto di potersi fermarsi non importa dove senza dover cercare un ristorante in particolare, poiché esiste – in Italia, in genere – una qualità di vita di un livello alto, specialmente per il cibo.

Il fatto di fare degli aperitivi o di mangiare qualcosa…  trovo questo tipo di eleganza nelle cose semplici della vita, che amo a Milano.

C’è un negozio dove acquista oggetti speciali, che trova soltanto a Milano? Qual è?
Mi capita spesso di comprare calze a Milano, non so perché. Quando vado a Roma, compro i calzini in Vaticano, le calze dei cardinali che hanno un colore che è una specie di rosa, in filo di Scozia, molto belle, è la fornitura di sacerdoti! Sono un pessimo consumatore, non sono la persona giusta per rispondere.

Esiste un locale, un bar o un ristorante che apprezza particolarmente in città? Se non è legato a una contingenza spaziale, o a una moda, vi è affezionato per la sua storia?
Anche se credo che i croissants francesi siano superiori, mi piace prendere un caffè al bar la mattina, in Italia. La qualità e l’atmosfera sono di un livello ineguagliabile. Il mio ristorante preferito? Amo La Libera (via Palermo, 21), un ristorante milanese tradizionale [La città che cresce].

Ci può, infine, elencare una o più tra le architetture recenti che hanno trasformato radicalmente negli ultimi anno il volto della città? Quali sono, secondo lei, gli aspetti più positivi di questa trasformazione?
Ho cinque giorni all’anno che sono particolari e sono a Milano: peni d’impegni a un ritmo estremamente denso e veloce. La mia analisi della città è furtiva, molto parziale. Vedo gru e cantieri. Ma questo modo di attraversare la città non mi rende sufficientemente analitico rispetto a quello che mi sembra interessante.

Dal suo punto di vista, cosa manca oggi a Milano? Se potesse trasferire in città un elemento preso da un altro luogo, cosa sposterebbe?
Il mare, non c’è dubbio. M’intriga quello che Milano avrebbe fatto con il mare. Mi chiedo cosa sarebbe successo se l’ingegno, il caos e la grazia di Milano si fossero incontrati con il mare.