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Scopri Milano attraverso il percorso “La città che cresce”, parti da qui:

È il quartiere vetrato dove si respira e si vede che Milano è tornata a credere nei propri mezzi e nella propria forza economica, tornando a uessere una città che cresce. L’architettura (dalla qualità molto discontinua) ne è testimonianza. Diversamente da quello che si dice in giro, le opere realizzate sono state concepite e discusse ben prima dell’avvento di Expo, anche se Expo ha aiutato a partorirle e inquadrarle culturalmente sulla scena del tardo international style. Qui si sentono turisti stranieri chiamare questa zona “la città nuova”.

Ci troviamo sulla direttrice lungo la quale fin da fine Ottocento si sono insediati alcuni dei grandi progetti di servizio alla città moderna, di infrastrutturazione e e di mediazione con la emergente città industriale a nord. E’ la logica metropolitana. Tra i progetti: la Fabbrica del Vapore, il Cimitero Monumentale (Cattelan: “Un museo all’aria aperta, ma senza curatori, collezionisti o galleristi, solo morti”), la Stazione Centrale (apprezzata da molti per la sua scala e linguaggio ibrido tra deco’ e littorio), la Stazione di Porta Garibaldi (la principale stazione di interscambio della metropoli), il Centro Direzionale, il Grattacielo Pirelli (di Gio Ponti e Pierluigi Nervi), il complesso di Porta Nuova, la Biblioteca degli Alberi, , un parco tematico di 90mila metri quadri che sorgerà intorno alla Fondazione Catella di via De Castillia (della paesaggista Petra Blaisse), il Bosco Verticale (di Stefano Boeri), la Fondazione Feltrinelli, il Passante Ferroviario e altre opere realizzate nei pressi. Sicuramente, la Fondazione Feltrinelli eccelle sulle altre. Ma va notata anche la Casa della Memoria dello Studio Baukuh, un progetto curioso e intrigante (Jain: “Qui si percepisce bene l’idea del dramma della memoria, che viene trasmesso dal materiale”).

Come al Barbican di Londra e a Les Halles di Parigi (il primo degli anni ’60 – ’70, il secondo del decennio successivo), ora anche a Milano abbiamo un luogo leggermente onirico, una piccola città satellite: Porta Nuova è un mondo fatto ad hoc per il pedone, a un livello diverso rispetto a quello della città normale, dotato di giochi d’acqua e negozi, il tutto ottimamente infrastrutturato, non caotico, igienizzato. Dalla fermata Gioia della metropolitana, percorrendo la Via Gaetano De Castilla ci si addentra nel quartiere Isola e si raggiunge a piedi la nuova Piazza Gae Aulenti. Sulla piazza tonda si affacciano edifici alti, mentre la residenza è tenuta in seconda fila. Di qui, il passo è breve per raggiungere, attraverso la passerella ciclopedonale Gae AulentiAlvar Aalto, il Centro della città. Interamente costituita d’acciaio su progetto dello studio Arup, la passerella scavalca via Melchiorre Gioia e collega il complesso Unicredit a quello delle torri Solaria, Solea e Aria, nell’area delle Ex-Varesine.

Se qualcuno mi chiedesse se il quartiere di Porta Nuova è un quartiere urbano o sub-urbano, mi troverei in difficoltà a dare una risposta univoca, perché penso si trovi esattamente a metà strada. Porta Nuova può essere inteso come una protuberanza del Centro verso nord oppure come un centro commerciale della metropoli giudiziosamente calato nei pressi di un hub ferroviario. Per ora, si dice che sia un successo commerciale, ma comunque fatica a piacere.

Il Complesso di Porta Nuova, con la sua Piazza Gae Aulenti si apre anche al quartiere Garibaldi, dando accesso pedonale a Corso Como. Passando di qui, vale la pena di fermarsi nel concept store Corso Como 10, per fare shopping, cenare o vedere la mostra in corso alla Galleria Sozzani. Via Solferino, tra tutte le vie d’intorno, è la più ricca di suggestioni. Non mancano i ristoranti tradizionali dove fare un’esperienza autentica di cucina meneghina, uno di questi è La Libera, dove gustare un riso al salto fatto secondo maniera, la tradizionale cotoletta alla milanese o il classico risotto con l’ossobuco. O la Latteria di San Marco, una ex latteria che offre una trentina di coperti, rigorosamente non prenotabili.

La stecca lunga quasi duecento metri della Fondazione Feltrinelli – degli svizzeri Herzog & de Meuron – è meno gestuale e muscolare degli altri edifici realizzati sull’area, i quali sgomitano per il primato dell’originalità e della furbizia; tuttavia, grazie alla sua intelligente precisione e alla sua radicalità, finisce per ottenere molto più degli altri. Da buon edificio urbano, si basa su un ragionamento logico piuttosto che sull’originalità della propria forma; si percepisce il suo debito verso il Gallaratese di Aldo Rossi e il suo richiamo verso il gotico. Anche l’edificio per uffici basso e lungo progettato dai milanesi Piuarch, con affaccio sulla piazza rialzata, possiede una sua eleganza e semplicità.