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La Milano di Alice Rawsthorn

Sono moltissimi gli edifici storici milanesi che mi piacciono, ma il mio preferito è in assoluto lo Studio Museo Castiglioni.

La Milano di Alice Rawsthorn

Quando e come è cominciato il tuo rapporto con Milano?
Sono moltissimi gli edifici storici milanesi che mi piacciono, ma il mio preferito è in assoluto lo Studio Museo Castiglioni. La decisione di conservare intatto il luogo in cui il grande Achille Castiglioni lavorò dal 1944 al 2000 è stata geniale. Dà un senso estremamente vivo del carattere di Castiglioni e della sua incredibile opera. Mi affascina sempre la vista della sua curiosa collezione di stivali da pioggia e di bottiglie d’acqua minerale, o dei portacenere Spirale dove lasciava spegnere le sigarette. Così come quella delle note scarabocchiate dagli amici Ettore Sottsass e Max Huber, e dello specchio nel suo ufficio, attentamente angolato per consentirgli di guardare i suoi assistenti al lavoro e i visitatori andare e venire. Lo Studio Museo è un omaggio magnifico a lui e al moderno patrimonio del design italiano.

Una o più architetture o monumenti del passato che ami?
Milano è piena di fantastici esempi di design popolare con cui si entra in contatto semplicemente passeggiando per la città. Amo gli spartitraffico di cemento progettati da Enzo Mari con la forma del tradizionale Panettone Milanese, nonostante stiano sparendo a un ritmo allarmante. È magnifico anche ciò che resta dello schema originario della rete di Metropolitane disegnate da Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda [La Città dei Monumenti]. Dal punto di vista dell’arte invece cerco sempre di passare a vedere il dito medio di saluto alla Borsa di Milano realizzato da Maurizio Cattelan Cattelan e la scultura neon di Lucio Fontana dalle finestre del Museo del Novecento in Piazza del Duomo.

Anche i bei cortili e l’intricato lavoro di pietra o ferro sugli edifici milanesi sanno essere incantevoli.

Un negozio dove acquisti oggetti che trovi solo a Milano?
Ogni volta che mi trovo in città, faccio visita a Nilufar in Via della Spiga per vedere quali gemme italiane del design del XX secolo ha scoperto Nina Yashar.
Non fallisce mai nel trovare sorprendenti e intriganti oggetti che mi insegnano sempre qualcosa di nuovo sul design Italiano. È emozionante anche visitare il gigantesco spazio del Nilufar Depot in Viale Vincenzo Lancetti per vedere la quantità e la qualità dei lavori che espone.

Un locale, un bar o un ristorante che apprezzi in città?
Ce ne sono così tanti tra i quali scegliere. Per pranzo preferisco andare alla Latteria in Via San Marco con il suo tipico ambiente da tradizionale Italia Settentrionale [La città che cresce]. Per cena trovo deliziosi i piatti tipici toscani e liguri al Da Giacomo in Via Pasquale Sottocorno. Alla cena annuale di Michael e Stephen Maharam si può poi sempre avere uno spaccato della Milan Design Week.

Il bel e spiritoso Bar Luce di Wes Anderson alla Fondazione Prada [La Città Policentrica] è perfetto invece per bevande e spuntini anche se apprezzo sempre un caffè e una fetta di torta nelle pasticcerie di Via Montenapoleone, al Caffè Cova o nella pasticceria Marchesi rinnovata da Prada.

Una o più tra le architetture recenti che hanno trasformato il volto della città?
Il lavoro fatto da Rem Koohaas/OMA alla fondazione Prada è stata una bellissima aggiunta alla città, ho visitato il sito quando era ancora in disuso, prima che aprisse il cantiere, ed è stato affascinante vederne la trasformazione.

Mi piace la sottigliezza con cui OMA ha ripristinato i vecchi edifici industriali senza diluirne il carattere. Il rivestimento della “casa infestata” in foglia d’oro è stato un colpo da maestri come invitare Wes Anderson per progettare il bellissimo Bar Luce. Un’altra recente architettura per me sensazionale nel panorama Milanese è il Bosco Verticale di Stefano Boeri [La città che cresce]. Piantare, in un così piccolo spazio di terra, così tanti alberi e piante è geniale, un concetto ingannevolmente semplice, che risulta una gioia per gli occhi, ammirevole anche dal punto di vista ambientale.

Cosa manca oggi a Milano?
Mi piacerebbe poter riportare a Milano qualcosa che ha perso di recente: G. Lorenzi, il coltellinaio, all’angolo tra Via Montenapoleone e Via Pietro Verri. Ho sempre trovato cose realizzate in modo impeccabile, inaspettatamente utili, e ho sempre apprezzato il suo spirito meritocratico. Lo staff, molto preparato su ciascuno delle migliaia di prodotti in vendita, manifestava un’attenzione specifica a ciascun cliente al di là da quanto questo volesse spendere. Le marche più popolari di sapone erano posizionate sul bancone accanto a pettini artigianali e squisiti pennelli. G. Lorenzi incarnava molte delle migliori qualità dell’Italia del XX secolo. Giovanni Lorenzi discendeva da una famiglia di arrotini itineranti del Trentino. Lui e sua moglie Lina crearono il negozio e una rete di fornitori artigianali in tutta Italia, ognuno specializzato in un particolare materiale o prodotto. I loro figli, Franco e Aldo, hanno poi ampliato l’attività. È così triste che Milano abbia perso qualcosa di così speciale.