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Scopri Milano attraverso il percorso “La Milano dei Monumenti”, parti da qui:
Questa è la Milano dei monumenti, di epoche e stili diversi, tra loro coordinati programmaticamente e geograficamente. È la Milano che si imprime nella mente. I monumenti formano un’immagine collettiva della città, come l’hanno descritta Carlo Cattaneo, Giuseppe De Finetti, Aldo Rossi.
Insomma, è la Milano dura e senza sbavature, così diversa da Roma, Torino, Venezia. E’ essenzialmente frutto dell’Ottocento, ma pesantemente rimaneggiata dal Fascismo, poi bombardata dalla Guerra e infine ri-rimaneggiata dalla Ricostruzione. C’è chi la ama, ma anche chi non ci trova nulla di architettonicamente interessante. Dopo l’Expo, tutti se ne sono accorti, sono proliferati i greggi di turisti, principalmente dall’Estremo Oriente, molti i ventenni.
Qui, ci sono anche diverse tracce di Medioevo, ormai isolate dal resto: per esempio il paleocristiano di San Lorenzo, il romanico di Sant’Ambrogio, il gotico del Duomo. Sorprendenti i capolavori del rinascimento: il Bramante di San Satiro e di Santa Maria dalla Grazie, il Castello e l’Ospedale Maggiore del Filarete. Dell’Ottocento va citata la Galleria Vittorio Emanuele II, o meglio il complesso reticolo di gallerie e portici che permea tanti isolati intorno. Unica la carrellata di opere di alta qualità del XX secolo, come se ne trovano in poche altre città europee: la Triennale e l’Arengario riconducibili al Fascismo, la Vela di Moretti, la Torre Velasca dei BBPR, tante opere incastonate nel tessuto di Caccia Dominioni, la Casa di Gardella al Parco Sempione, tante opere di Asnago e Vender e di Ponti, e la MM1 di Albini, solo per quanto riguarda gli anni ’50 e ’60 (e la lista potrebbe continuare).
Possiamo considerare tutto questo un museo di architettura? Sì, ma con una precisazione. A Milano, siccome la modernità non viene considerata un’icona, non viene neppure museificata. A Milano la modernità, che sia quella totalitaria del Fascismo o di quella relativista della Ricostruzione, è quasi sempre amalgamata alla normalità; Milano è vecchia e moderna insieme, fatta a macchia di leopardo, con un layout stradale che in buona parte è ancora quello medievale. Tanti edifici moderni sono soltanto tasselli lungo una cortina stradale, oppure blocchi sul retro, rifacimenti di interni, sopraelevazioni, ridisegni di facciate, al limite del mimetismo e dell’invisibilità. L’occhio distratto quasi non se ne accorge. Poche, eccetto lungo corso Europa, le facciate di vetro.
I negozi, la moda, lo shopping, il cibo e il passeggio, ne fanno parte, e calzano a perfezione la frammentazione del tessuto urbano che fa il cuore di Milano. I negozi si trovano lungo i marciapiedi, ma pure nei cortili e ai piani alti. Coprendo il lungo percorso pedonale di circa un chilometro e mezzo che collega piazza San Babila a piazza Cairoli, passando da Duomo e da Cordusio, e facendo magari anche qualche piccolo detour, troviamo di tutto: ristoranti storici e new age, negozi istituzionali e di cianfrusaglie, minigonne e abiti grigi, librerie e agenzie di viaggio in via di estinzione, chiese ed edifici pubblici. Sopravvivono a pochi metri dal Duomo grandi buchi aperti dalle bombe della RAF inglese nel 1943, perlopiù oggi adibiti a parcheggi, che prima o poi andrebbero ricuciti e riparati.
Circolano voci preoccupate riguardo a due progetti in itinere di trasformazione urbana, in piazza del Liberty e in piazza Cordusio. È probabile che questi non cambieranno l’essenza architettonica, più o meno pregiata, di questi luoghi. Il fascino del centro di Milano, come si presenta oggi, sta nella sua capacità di resistere praticamente invariato agli alti e bassi dei diversi cicli economici, e nel non essere preda del turismo. Quattro piazze – Duomo, Scala, Cordusio, Cairoli – formano insieme un solo grande monumento urbano, da considerare moderno visto che è stato pensato e realizzato soltanto 150 anni fa. A Roma, Firenze, Napoli o Torino non c’è nulla di paragonabile.
Brera è un quartiere a sé, che si trova dentro al quartiere di Centro. I ciclisti fanno acrobazie su e giù dai marciapiedi noncuranti dei pedoni e che le strade siano fatte di pavé. Brera possiede anche qualche architettura speciale. La sede storica del Corriere della Sera, per esempio, comprende un sobrio inserto progettato da Vittorio Gregotti, una delle cose migliori fatte in Centro negli ultimi vent’anni. Da citare poi l’asburgico Palazzo di Brera con la sua Pinacoteca, un capisaldo dell’identità milanese (ma sono tanti i bei palazzi di Milano: rinascimentali, barocchi, neoclassici, novecentisti, vernacolari). Da non dimenticare la Ca’ Brutta di Giovanni Muzio, restaurata da poco e restituita così alla sua eccentrica e caricaturale monumentalità.