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Scopri Milano attraverso il percorso “La Città Minerale”, parti da qui:
Al di là del vistoso e luccicante quartiere di moda centrale, un nuovo centro di negozi più informali, bar e ristoranti sperimentali si è sviluppato nella zona che gravita intorno a Corso Venezia, Piazza San Babila, Corso Buonos Aires e Corso Monforte Monforte. Un quartiere alla moda che si affaccia sul cuore della città, questa zona è piena di edifici esemplari radicati nell'architettura del XX secolo. Il risultato è un profilo urbano solido e austero che rende Milano una città dura e minerale.
La città minerale è rappresentata dall’area che gravita intorno a Corso Venezia, Piazza San Babila, Corso Buenos Aires e Corso Monforte è ricca di stimoli architettonici. Dagli anni ’60 quest’area è praticamente satura, e dunque non vi sono quasi opere degli ultimi cinquant’anni; è un’area ormai storicizzata. Vi sono bei pezzi barocchi e neoclassici, come il Palazzo del Senato e Palazzo Serbelloni. Del secolo scorso, ne troviamo (perlopiù per una clientela borghese) di qualità e di una modernità mai eclatante, sempre filtrata da un certo perbenismo e con richiami al mondo passato. Si sa, gli architetti italiani da sempre danno importanza alla storia, che tra l’altro conoscono bene e per questo vengono anche giudicati. Alcuni nomi: Aldo Andreani, Luigi Caccia Dominioni, Figini e Pollini, Ignazio Gardella, Emilio Lancia, Giovanni Muzio, Marcello Piacentini, Gio Ponti, Piero Portaluppi, Giuseppe Sommaruga, Marco Zanuso.
Sono stati, tra gli altri, scelti tre interessanti edifici degli anni ’30, non propriamente fascisti, ma che sottopelle contengono i concetti, i simboli e i fuori scala tipici del ventennio: la Piscina Cozzi (Luigi Lorenzo Secchi) in viale Tunisia, il Cinema Arti (Mario Cereghini) in via Borgogna e Casa Crespi (Piero Portaluppi) in corso Venezia. Osserva Maurizio Cattelan: “Mi affascina come certi periodi storici, così poco memorabili per certi versi, in particolare per la mancanza di libertà di espressione, siano stati capaci di lasciare un segno importante dal punto di vista della storia dell’urbanistica e dell’architettura”. Gli intervistati sono quasi tutti turisti, in buona parte non-architetti; per questo vedono Milano tramite una lente diversa, e si lasciano colpire da dettagli che chi è di Milano non nota neppure. Oggi, gli edifici dell’anteguerra attirano più attenzione di quelli del dopoguerra. Perché? Inoltre, i ristoranti e i bar sembrano attirare l’attenzione più degli edifici. Perché?
Le due domande vanno risposte congiuntamente, essendo due facce della stessa medaglia. Prevale (soprattutto tra i designer) l’idea che gli esterni e gli interni di un edificio siano e debbano rappresentare due mondi opposti. Secondo questa idea, l’architettura degli anni ’20 e ’30 possiede i connotati di solidità e di prestanza che fanno di Milano una città dura e minerale; questa architettura, concettuale, nuda e fredda, soddisfa la nostra mente e la nostra logica. Jacques Herzog parla del “corpo fisico” di Milano. Sul versante opposto ci sono gli interni di molti ristoranti e negozi, pasticcerie e bar milanesi, capaci di produrre calore e atmosfera, e cibare le nostre papille e i nostri sogni.
Corso Venezia è sicuramente tra le strade più disegnate di Milano; dietro le facciate, che formano una cortina lineare senza interruzioni, si nascondono cortili classici, lussuosi giardini, scaloni di pietra e soffitti alti; sui tetti, alzando lo sguardo, si notano tetti-giardino fitti come piccole foreste, che Le Corbusier ci avrebbe invidiato. I Giardini Pubblici rappresentano uno spazio verde di 17 ettari, per bambini, anziani ed extracomunitari, ma anche per i molti proprietari di cani. Appena davanti, i Giardini della Villa Reale, in stile all’inglese, con il Padiglione d’Arte Contemporanea progettato da Ignazio Gardella nel 1949, un piccolo capolavoro che andrebbe conservato come un gioiello.