interviste

La Milano di Ross Lovegrove

Sono entrato per la prima volta in rapporto con la città nel 1990, quando ho iniziato a lavorare per dei produttori milanesi...

La Milano di Ross Lovegrove

Quando e come è cominciato il tuo rapporto con Milano?
Sono entrato per la prima volta in rapporto con la città nel 1990, quando ho iniziato a lavorare per dei produttori milanesi. Cappellini, Driade, Zanotta e Luceplan sono stati i miei primi committenti e mi hanno dato l’opportunità di scoprire non solo il centro della città, ma anche la sua vasta cintura industriale, l’architettura dell’industria e la cultura della produzione. Non saprei dire se il mio rapporto con la città abbia a che fare con un luogo specifico.
In effetti è strano che dopo così tanti anni io non possa dire di conoscere questa città o di sentirmi “integrato”. Forse perché mi piace passare inosservato quando sono li ma, allo stesso tempo, la città mi lascia sempre molto da scoprire e riscoprire. In ogni città, da New York fino a Tokyo, mi piace circondarmi di amici locali che mi mostrano i luoghi a cui sono personalmente legati.

Una o più architetture o monumenti del passato che ami?
Il Castello Sforzesco [La Città dei Monumenti], esattamente nel cuore di Milano, è incredibile, forte come un masso di pietra. La pareti di mattoni sono come una scultura computazionale e creano un legame con il passato storico di Milano, che è stato molto interessante.

Un’attività che spesso fai quando vieni a Milano?
Quando visito la città, per lo più vago a piedi e corro, anche perché è così piccola che non puoi realmente perderti. Non mi piace gravitare nel mondo degli affari e della moda: a me va bene ogni vecchio bar. Come già detto, tendo a lasciar decidere dove andare, o cosa fare, ai miei amici locali. Nonostante il traffico, Milano è una città che si può visitare a piedi e non si ha mai paura andando in giro. Milano è però una città divisa: da un lato troviamo soldi e lusso e dall’altro le università e la gioventù. Le aree più interessanti sono sempre dove c’è una possibilità di crescita dinamica lontano dal regno dell’establishment. Milano dovrebbe fare di più per aprirsi a queste possibilità e fare in modo che i giovani creino nuovi progetti di design 3D, autoproduzione e moda. L’Italia ha un’ottima infrastruttura in questo senso, avrebbe solo bisogno di supporto economico.

Un negozio dove acquisti oggetti che trovi solo a Milano?
Io non compro, ma amo l’arte: le mie gallerie preferite a Milano sono quelle di Massimo De Carlo e Lia Rumma [La Città Policentrica]. Anche il Mudec [Passeggiata per Flaneurs], il Museo delle Culture sta diventando una destinazione sempre più interessante grazie alla prospettiva internazionale alle mostre. Così come la nuova Lisson Gallery in Via Bernardino Zenale rompe la tipica introversione provinciale delle gallerie milanesi portando alla città qualcosa di cui aveva bisogno.

Un locale, un bar o un ristorante che apprezzi in città?
Penso sia orribile fare il “food snob” quando la maggior parte delle persone al mondo non ha accesso al cibo quindi mi ritengo abbastanza soddisfatto nel mangiare una cotoletta alla milanese alla Trattoria Torre di Pisa con la consapevolezza che Ettore Sottsass la considerava come l’estensione della sua sala da pranzo.

Una o più tra le architetture recenti che hanno trasformato il volto della città?
È un peccato che i nuovi appartamenti di Zaha (n.d.r. Hadid) a CityLife [La Città Policentrica] siano completamente inaccessibili economicamente per chi li potrebbe realmente apprezzare! Più in generale, penso che non ci siano abbastanza spazi sperimentali di vita e lavoro accessibili e sovvenzionati per i giovani.

Cosa manca oggi a Milano?
Penso che Milano beneficerebbe nell’avere delle fantastiche sculture pubbliche, un ipermoderno Sistema di tram elettrici e un servizio di energia comunale per filtrare l’aria e illuminare la città.Inoltre, poiché l’arte è la nuova religione condivisa, dovrebbe esserci una gestione per le installazioni all’aperto molto più dinamica, in quanto Milano ha dei bellissimi spazi esterni. Per esempio, l’anno scorso, ho visitato la mostra di Tony Cragg sulle terrazze superiori del Duomo ed è stato incredibile [La Città dei Monumenti]. Anche la reazione dei turisti era molto intensa.

Sarebbe molto energizzante avere dei progetti simili al Serpentine Gallery Project nei parchi della città rigenerando così l’architettura italiana e promuovendo un moderno dialogo con l’establishment.
Ma in fondo, perché parlare di bellezza e cultura se l’inquinamento atmosferico è così invasivo? Milano è infestata dalle macchine e questo problema potrebbe essere risolto dal governo attraverso una estremamente moderna, sicura ed ecologica rete di trasporti pubblici. Questa trasformerebbe democraticamente Milano. L’Italia ha tanto marmo, abbastanza da poter coprire grandi spazi comuni e ripulire la città, riflettere la luce e togliere il demotivante grigio industriale. Sano, ricco e saggio!