interviste

La Milano di Marco de Vincenzo

L’ho scoperta gradualmente: sono stato adottato da Roma quasi vent’anni fa e consideravo Milano, come molti romani fino a poco tempo fa, la città grigia del nord.

La Milano di Marco de Vincenzo

Quando e come è cominciato il tuo rapporto con Milano?
L’ho scoperta gradualmente: sono stato adottato da Roma quasi vent’anni fa e consideravo Milano, come molti romani fino a poco tempo fa, la città grigia del nord. Ora è scoccato l’amore tra me e la città. Quando ho deciso dove far nascere il quartier generale della mia azienda, ho scelto Milano perché è la più stimolante e la più vicina a un mondo industriale che con la moda va a braccetto. Il mio rapporto con la città è nato quando ho capito che Milano era, diversamente da Roma, una città che poteva essere percorsa quasi a piedi, senza infilarsi in un taxi e starci un’ora, come spesso succede a Roma. Ho riscoperto un senso della distanza diverso rispetto a quello di una grandissima città. Ho iniziato a percorrerla e a capire che era bellissima, soprattutto nella sua parte più interna e segreta. La cosa che mi piace di Milano è rintracciare una meta che non è mai troppo lontano da dove sei. Il solo fatto di poterlo fare è fantastico.

Una o più architetture o monumenti del passato che ami?
Sono innamorato di varie zone. La Stazione Centrale [La Città Minerale] mi affascina sempre tantissimo: tutte le volte che imbocco il viale con le valigie, in taxi, per andare e tornare da lì, mi rendo conto che ha un’imponenza che mi continua ad attrarre.

Il mio ufficio sorge in C.so Italia al numero 13, lo racconto perché quando cercavo una sede, salii all’ultimo piano di quella che ho poi realizzato essere la Vela di Luigi Moretti [La Città dei Monumenti], e da lassù – sembra di stare su una nave – si è confermata la mia passione per la Torre (ndr. la Torre Velasca).

Un’attività che spesso fai quando vieni a Milano?
Ci sono dei riti che di solito mi accompagnano: un tragitto che adoro fare è partire dal centro e, passando per via Torino, andare verso i Navigli. Approfitto spesso di questo momento, anche stando al telefono ma immerso in questo rito. Vedere la città che cambia e ritrovarmi in dieci minuti dal pieno centro sui Navigli in una mattina di sole dove mi sembra di aver cambiato completamente città. È un percorso che cerco di fare sempre, sia all’andata sia al ritorno ed è il tragitto che preferisco.

Un negozio dove acquisti oggetti che trovi solo a Milano?
Sono un patito del modernariato e del vintage, frequento il mercatino dei Navigli [Passeggiata per Flaneurs]. Ci sono dei posti un po’ segreti dove vado a comprare degli oggetti, dei posti ugly dove non ti aspetti di trovare l’affare che poi farai. Ce n’è uno vicino alla stazione.

Un altro posto dove vado molto volentieri è la Galleria di Nina Yashar: trovo oggetti assemblati con un gusto estremo.

E, proprio perché lavoro nella moda, devo citare Corso Como 10 [La città che cresce] perché è uno dei pochi luoghi dove si respira un’internazionalità vera [La città che cresce]. È uno di quei rari posti che la moda offre, insieme ad altri templi (per esempio Dover Street Market e Open Ceremony a NYC) e il fatto che a Milano ce ne sia uno, e secondo me il più bello di tutti, è indicativo. Altro rito è andare alla Fondazione Prada [Passeggiata per Flaneurs]. Miuccia Prada l’ha definito un ‘microcosmo’ e sono d’accordo: per me entrare lì è distaccarsi un attimo dal resto, per uscire come da un luogo che ti ha interamente avvolto.

Un locale, un bar o un ristorante che apprezzi in città?
Un ristorante che si chiama Mandarin 2, gestito una famiglia di messinesi come me che si è incrociata con dei cinesi e ha generato un posto in cui la cucina cinese viene servita con un calore molto italiano.

L’Osteria dei Binari, poi, ha un’atmosfera intima che mi piace molto, soprattutto d’inverno, quando entri con il camino acceso. Sono stato spesso da Marchesi, con le sedute che affacciano in Galleria.

Una o più tra le architetture recenti che hanno trasformato il volto della città?
Con la Darsena ho familiarità perché fa parte dei miei percorsi in città [La Città Policentrica]. Penso che tutti i luoghi che favoriscono l’aggregazione siano pensati bene e che tutti i luoghi in genere dovrebbero generare questa dinamica. Porta Nuova e tutta quella parte della città all’inizio mi ha sconvolto [La città che cresce]. Superata una fase di dubbio riguardo a queste costruzioni imponenti, ora credo che questo faccia parte del successo di Milano. In Italia, Milano è stata la prima a fare delle scelte vicine a quelle che vengono fatte all’estero, delle scelte apparentemente impopolari che in realtà non lo sono.

Cosa manca oggi a Milano? Se potessi trasferire in città un elemento preso da un altro luogo, cosa sposteresti?
A Milano si vive poco per strada, soprattutto da un certo orario in poi, dovuto a un fatto culturale oltre che a ragioni climatiche. A un certo punto, tutto si chiude in un silenzio apparente, perché nei posti poi accadono delle cose. Milano forse potrebbe ereditare questa attitudine che l’accenderebbe ancora un po’.